Gli “orti spaziali” sono una delle frontiere più avanzate della progressiva colonizzazione dello Spazio da parte dei sapiens che – come osserva Roberto Cingolani – hanno nel proprio DNA il “nomadismo” e l’esigenza di conoscere ciò che li circonda. Una volontà di esplorare intrinseca, guidata dalla necessità di sapere cosa c’è oltre ogni confine che si supera e dall’esigenza di trovare soluzioni nuove per la propria stessa sopravvivenza.
Oggi – continua Cingolani – l’essere umano ha occupato l’intero pianeta Terra e guarda allo Spazio, sia per trovare nuove risorse, sia per prepararsi alla prossima migrazione, in cerca di nuovi spazi abitabili. Gli obiettivi più a portata di mano? Luna e Marte. Si sta dunque sviluppando una vera e propria economia dello Spazio, legata principalmente alla ricerca di minerali preziosi, ma anche allo sviluppo continuo di moltissime tecnologie, utilizzate sia per i satelliti in orbita, che forniscono i servizi downstream (geolocalizzazione, osservazione del territorio, telecomunicazioni, solo per fare alcuni esempi), sia per la costruzione di vettori e lanciatori che, oltre a portare in orbita i satelliti, in futuro porteranno i nuovi “migranti” sulla Luna, su Marte e oltre. Con il corollario di sviluppi tecnologici in settori adiacenti, come rover, robot, cybersicurezza, elettronica. Si tratta – continua Cingolani – di un’economia che si prevede supererà i mille miliardi di dollari nel 2030.
Ma cosa significa, in concreto creare una base lunare? Quali vantaggi apporterà al genere umano? Come spiega Cingolani, i sapiens arriveranno su altri mondi, forse già dalla prossima decade, e affronteranno sfide molteplici: creare un’atmosfera e il giusto microclima, costruire un villaggio abitabile, avere i servizi di connessione e comunicazione, produrre cibo e riciclare le risorse. Tutto questo trasformerà un ambiente ostile in un incubatore di tecnologie, che guarderanno avanti verso altre destinazioni, ma torneranno anche indietro sulla Terra, per migliorare la vita dei suoi abitanti.