Tra le sue tante attività nel settore spaziale, Leonardo si è distinta anche per il ruolo di capoprogetto ed integratore finale del sensore radiometrico Sea and Land Surface Temperature Radiometer (SLSTR) imbarcato sui 2 satelliti della serie Sentinel-3 (3A e 3B), parte del più ampio Copernicus, programma di osservazione della Terra dell'Unione Europea. Sentinel 3A è stato lanciato nel 2016, il 3B nel 2018.
L'obiettivo della missione Sentinel-3 è di misurare, con alta precisione e affidabilità, la topografia della superficie dei mari, e le variazioni cromatiche e di temperatura superficiale degli oceani e delle terre emerse, per fornire informazioni chiave ai sistemi di previsione delle correnti oceaniche, di monitoraggio ambientale e del clima. Per assolvere a questa missione, ciascun satellite è dotato di cinque diversi sensori: l’Ocean and Land Colour Instrument (OLCI), l’SLSTR, il SAR Radar Altimeter (SRAL), il MicroWave Radiometer (MWR), e il Precise Orbit Determination (POD). I due satelliti Sentinel-3 garantiscono almeno un passaggio al giorno su ciascun punto della Terra. Naturalmente il numero effettivo di sorvoli dipende dalla posizione geografica rispetto all’orbita dei satelliti: l’Equatore può essere visitato una volta al giorno, ma la frequenza di sorvolo aumenta quanto più ci si avvicina ai Poli.
Leonardo ha avuto la responsabilità di creare ed immettere in servizio il sensore SLSTR. Una sfida dal punto di vista sia gestionale che tecnico: l’SLSTR dispone infatti di ben 9 canali spettrali, di cui 3 nello spettro visibile (con risoluzione spaziale di 0.5 km a terra) e 6 in quello infrarosso IR (con risoluzione spaziale di 1 km a terra), con lunghezze d’onda comprese tra i 3µm e i 12µm. Le diverse lunghezze d’onda dipendono dal tipo di osservazione desiderato: i 2 canali da 3µm e 10µm, per esempio, vengono utilizzati per individuare i grandi incendi in aree scarsamente abitate, come ad esempio Siberia o Amazzonia. I vari sensori sono ottimizzati per il monitoraggio delle temperature delle acque e della crosta terrestre, inclusi gli ambienti a forte escursione termica come i deserti.
Queste informazioni rivestono un’enorme importanza con effetti sia nel breve che nel lungo periodo, per numerosi decisori pubblici e privati. Per esempio, tenere traccia dell’evoluzione del clima sul pianeta, registrando l’innalzamento medio delle temperature, permette all’Unione Europea e ai singoli Stati di prendere decisioni informate sull’adesione ai Trattati Internazionali sul clima, sull’adozione di provvedimenti politici che vanno ad impattare su economia e società, oppure sulla compilazione di agende nazionali, europee o internazionali in tema di economia e transizione ecologica.
Nel contempo, l’SLSTR permette anche di monitorare uragani ed altri eventi climatici oltre che di scoprire grandi incendi in aree remote del pianeta, di cui altrimenti non si avrebbe notizia se non a fronte dei loro enormi danni. Anche gli operatori commerciali possono trarre profitto da informazioni come l’andamento delle correnti marine. Per esempio, le compagnie specializzate in trasporti via mare possono sfruttare queste informazioni per adottare rotte che consentano ai mercantili o alle petroliere di consumare meno carburante, risparmiando denaro e tutelando l’ambiente.
La complessità del sensore non viene solo dalla necessità di coprire molteplici spettri, ma dal fatto che, come ogni payload satellitare, deve sottostare a rigidi vincoli di dimensione e peso. Tutto lo strumento rientra in un cubo di appena 1,4m di lato e pesante circa 160 kg.
Come “project leader”, Leonardo ha guidato un pool di 20 aziende, che nel momento di massimo impegno sono salite a 24. Quasi tutte le firme sono europee, con l’eccezione di una statunitense. Il sito di Campi Bisenzio (FI) è stato il cuore pulsante del progetto e lo stabilimento in cui è avvenuto l’assemblaggio finale del sensore, poi consegnato a Thales Alenia Space (prime contractor per i satelliti). La fitta rete di contatti e sinergie che Leonardo ha dovuto intrecciare con le aziende partner per garantire il successo del programma ha rappresentato ad un tempo una sfida e un’opportunità. Le collaborazioni internazionali devono sempre superare, oltre alle barriere linguistiche, tutte le piccole e grandi differenze fra le aziende partecipanti, che hanno i metodi propri, standard non sempre allineati e culture industriali variegate. A fronte delle differenze, bisogna raggiungere la perfezione, con un meticoloso rispetto delle specifiche contrattuali ed una perfetta calibrazione degli strumenti. Essere riusciti a consegnare un sensore di questo tipo accredita Leonardo tra i pochissimi player al mondo (meno di una decina) a possedere le capacità tecniche, produttive e gestionali, necessarie per un programma spaziale complesso. Dal punto di vista finanziario, i due strumenti montati sui satelliti Sentinel-3A e Sentinel-3B hanno richiesto un investimento di circa €100 milioni, comprensivi non solo della produzione ma anche della fase di ricerca e sviluppo. Considerato che saranno al servizio di tutta l’Unione, questi sensori saranno costati al contribuente europeo appena 30 centesimi di euro pro-capite in 15 anni, a fronte di enormi benefici sia in termini ambientali che di tutela e salvaguardia della vita nel suo senso più ampio. Qualora fossero ordinati ulteriori sensori, il costo sarebbe inferiore, potendo sfruttare gli studi già effettuati.
Il programma Sentinel-3 proseguirà con i satelliti 3C e 3D previsti rispettivamente per il 2023 e il 2025. Infatti, ciascun satellite ha una vita utile stimata in 7,5 anni e bisogna tenersi pronti a rimpiazzarli con sufficiente anticipo. Leonardo è già al lavoro per rispondere al bando ESA previsto quest’anno, che richiederà fra l’altro un ulteriore aumento della risoluzione del sensore e un numero maggiore di canali multispettrali. Ciò rappresenta senza dubbio una sfida per Leonardo che partecipa però forte di un’esperienza unica, maturata con la realizzazione dei primi 2 esemplari. Le prospettive sono veramente ottime.