Il termine intelligenza artificiale (AI) viene spesso utilizzato in modo improprio. Non si tratta infatti di intelligenza, ma della capacità di elaborare miliardi di miliardi di dati a una velocità elevatissima. Roberto Cingolani spiega che “tutte le attività estremamente complesse e che richiedono milioni di ore di lavoro da parte di un umano possono essere accelerate da sistemi basati sull’AI”.
Ecco perché le aziende, non solo quelle tecnologiche, hanno un profondo bisogno di digitalizzare, cioè di trasformare le immagini, le informazioni e i dati più importanti in file digitali. Questi devono essere ordinati e salvati in una grande memoria, il cloud, che a sua volta dev’essere connesso a un supercomputer. Grazie alla capacità di svolgere miliardi di miliardi di operazioni al secondo, l’High-Performance Computer (HPC) consente di analizzare questi dati in tempo reale, come avviene nel cervello umano.
In tale scenario, secondo Cingolani, diviene essenziale accrescere le competenze STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics). “In Italia produciamo 35mila laureati STEM, che non bastano a soddisfare la ricerca di giovani cervelli per sviluppare queste tecnologie. Per favorire lo sviluppo di un’intelligenza artificiale utile ed etica”, evidenzia Cingolani, “è necessario che il Paese continui a investire in intelligenza naturale, per potenziare la nostra capacità di sfruttare in modo positivo la tecnologia”.